La Madonna dei Sette Veli. Una leggenda…
Parliamo di bufale “ante litteram” in questo articolo che smonta la leggenda della Madonna dei Sette Veli di Foggia così com’è giunta fino a noi. Il dibattito è aperto
Premesso che i nostri contatti con la realtà, e quindi la verità, sono stati e sono oggetto di discussione principalmente in filosofia, si assume qui la teoria de: La realtà come costruzione sociale di Peter L. Berger e Thomas Luckmann (1966, ma: Il Mulino 1997): la realtà frutto dell’attività umana, non sarebbe a prioristica, ma conseguenza di un procedimento dialettico, mentre una sua oggettività non avrebbe rilievo.
Processi allodoxi oggi sono balzati alla consapevolezza empirica generale attraverso fake news e bufale specie via internet, cui s’accompagnano da sempre: taroccamenti, menzogne più o meno coscienti fino alle truffe.
Il greco αλλοδοξία “altra informazione” è nel Teeteto di Platone: oggi riguarda un messaggio che induce a non distinguere gli elementi “reali” da quelli di finzione, con conseguenze che siano programmate o meno da chi abbia emesso il messaggio. Le sue partizioni: comunicativa e culturale, all’ingrosso possono fare il paio con i concetti di denotativo, con significato neutro e convenzionale, e connotativo per cui si associano pregnanze simboliche ai significati primari.
Foggia è percorsa da secolari fenomeni di allodoxia che investono settori fondamentali come la religione e la storia locale, condizionando il comportamento dei suoi abitanti.
PARTE PRIMA: LA MADONNA DELLA TAVERNA
Il più importante mito foggiano riguarda la Madonna dei Sette Veli: “un bue si genuflette davanti al prodigio di tre fiamme sulle acque di uno stagno dalle quali emerge il quadro della Madonna”. A questi simboli allude la prima versione del mito a noi giunta, in una orazione del padre Antonio Guelfone, tenuta il 15 agosto 1669 (Orazione ecc…, Foggia, per Novello de Bonis, 1669).
Un antico e diffuso mito che si collega ad una Venere feconda sorgente dalle acque e che riguarda numerose madonne non solo pugliesi, la cui immagine proviene o è connessa alle acque: come ad Andria, Capurso, Monopoli, Otranto.
Al mito sono associati: 1. l’etimo di Arpa (poi Arpi), la città antica più vicina a Foggia: dal teonimo: Àrgipia, una divinità precorritrice della madonna foggiana (cfr. il mio: L’etimo di Arpi, Foggia, Al Cangio, 2022). 2. Lo stemma di Foggia (tre fiamme sulle acque). 3. la documentazione (S. Maria de Focis “dei fuochi”; S. Maria in Foce “nella foce” bacino d’acqua). 4. il nome della città: da Fovea: “marana, stagno”. 4. Un recente monumento alle tre fiammelle in piazza del Lago. In margine: il rito delle fiamme sull’acqua si svolge dal Giappone al Brasile. Nel 1728 il canonico Vincenzo
Aceto (Troja Sagra, inedito), appartenente alla Diocesi di Troia, volle aggiungere al mito un romanzetto: “(…) quell’huomini che la trovarono d.ta Sagra Imagine l’havariano collocata, come era di dovere, e la devozione, e pietà Christiana stimolava, nella Chiesa, o’ almeno in qualche casa riguardevole che ivi fusse stata, ma per la mancanza di queste, le fu necessario riporla nella Taverna, si chiamava la Taverna del Bufo (…).”
Un argomento che si volgerà contro il solerte canonico che difendeva le prerogative della diocesi troiana; ma il clero foggiano rivolse la spada contro chi l’aveva brandita, confermando che in quel tempo non vi sarebbero state chiese a Foggia in quanto il luogo rientrava in una presunta diocesi di Arpi – in realtà mai esistita – città da cui si fa ancora oggi derivare Foggia, per cui la sede vescovile sarebbe dovuta toccare a Foggia. Con l’aggiunta del “romanzetto della taverna”, la leggenda, ché solo ora si può indicare in tal modo, era completa, così com’è tramandata ancora oggi… ma con un vistoso falso, una bufala!
Osserverò solo che per il Medioevo, fabulosa epoca dell’“inventio”, è molto difficile che non vi fossero chiese nei pressi dello stagno da cui sarebbe emerso il quadro. La Taverna del Gufo, ove sarebbe stato portata la sacra effige fu individuata nel luogo ove sorge la chiesa di S. Tommaso.
Accanto a un mito genuino un falso episodio connesso al dissidio fra clero e popolo di Troia e di Foggia, caratterizzato da episodi cruenti: nel 1194 “Il Papa Celestino III scomunica i Foggiani perché avevano percosso il vescovo di Bovino e bruciate le lettere apostoliche (…).”
Il Vescovo, inviato per comporre la contesa, fu “in terra prostrato per capillos ipsum diutus protrahentes, et vestimenta dilaniantes calcibus amarissime percusserunt, et sanguine cruentarunt (…).” Senza traduzione! (Di Gioia, Mon., Fg, 1961: 29, 30).
Questo “mythe savant”, inventato dall’Aceto ma diffuso, in contropiede, dai canonici foggiani ha condizionato e condiziona nel bene e nel male le scelte dei cittadini, ma potrebbe, in particolare, agire sui comportamenti delle fanciulle e dei ragazzi foggiani, che lo hanno appreso e apprendono in tenera età; siffatti argomenti sono però di pertinenza psico-sociologica.
Renzo Infante (La Madonna Velata, Foggia, FMU, 2019) non sembra aver compreso, fra le altre cose discutibili del suo lavoro, questo grave caso di allodoxia, per cui si cfr. la mia recensione: La Madonna Svelata, “l’Attacco”, 25 ottobre 2019.
Che fare? La Cattedra fu concessa a Foggia nel 1855, ciò che dovrebbe far “metabolizzare” la violenza dello scontro e quanto connesso, mettendo lentamente da parte la… bufala e riportando un mito antico e semplice allo stato pristino.