Una Città antica, dalla storia così unica, come Lucera, può riservare delle affascinanti scoperte, se solo ci si apre alle sue molteplici risorse senza preclusioni e senza farsi ingabbiare da percorsi precostituiti. Nel nostro caso, può essere utile esaminare i rapporti reciproci che, nel corso del tempo, si sono stabiliti tra credenze popolari, concezioni di vita e fatti storici. A tal fine, un grande aiuto ci viene dall’indagine del ricco patrimonio iconografico che costella l’intera città di Lucera.
I simboli considerati si rifanno ad un valore dominante, che li riunifica in un’unica categoria e li contraddistingue, perciò, da tutti gli altri.
La valenza espressa dal patrimonio simbolico esposto si può ricondurre ad una funzione propiziatoria od apotropaica. Si tratta, cioè, di immagini che hanno a che fare con l’abituale invocazione da parte dell’uomo di dei, spiriti, Santi, Madonne, del Dio cristiano, diversamente interpellati a seconda delle credenze del tempo o in ragione della cultura personale prevalente, superstiziosa e/o religiosa. Altrimenti, questi simboli servono a tenere lontane influenze maligne, a combattere il destino infausto, a premunirsi contro eventuali disgrazie.
In tal senso va una serie di figure che possiedono un significato chiaro ed univoco. Si possono citare, a tal proposito: le pigne, da sempre simbolo di eternità, il cippo da esse sormontate, emblema fallico, di per sé propiziatorio; i delfini, beneaugurati giàper gli antichi greci (a Lucera il delfino è raffigurato sul cippo di Piazza Nocelli, oltre che sulle monete romane); le terminazioni sui tanti tetti della città, da me definiti “a piuma”, altre volte sostituite da corni, ferri di cavallo, aste appuntite; la sirena con due pinne, così diffusa a Lucera, secondo alcuni segno di abbondanza; il cosiddetto “Mammucc de Lucer”, associato ad un volto angelico, il quale già per il suo nome richiama la funzione protettiva della mamma; le teste coronate dei nobili, che con il loro potere erano in grado di difendere tutti coloro che si trovavano sotto la loro protezione; le Croci, i Santi e le Madonne, cui spesso si rivolge la preghiera dei fedeli.
A tutte queste effigi, più definite, se ne devono aggiungere altre più controverse. Tale è la sirena alata, posta in piazza Nocelli, la quale generalmente viene associata alla morte e alla sventura, ma si ha notizia anche di una sirena posta ad uno degli ingressi di Paestum, a tutela della città. Inoltre, sempre a Paestum una sirena con delfino (anche a Lucera sotto la sirena si trova un cippo con delfino) è rappresentata su un vaso nel mentre presiede a riti, forse mistici, che rievocavano la nascita del mondo.
Le testine fittili, invece, dovrebbero richiamare il culto romano degli avi, le cui immagini venivano venerate in casa e conservate al fine di proteggere l’intera famiglia.
Curioso, poi, l’uso di sferette poste agli angoli delle strade. Di esse non se può dare un’interpretazione precisa, ma ho potuto rilevare una uguale presenza di questi segni sulle monete di epoca romana, coniate a Lucera. La sfera, comunque, è sempre stata simbolo di perfezione.
Gli stessi animali, poi, in quanto simbolo di forza, sembrano avere il compito di difesa dai pericoli e dalle persone ostili.
Infine, in contesti disparati, compaiono maschere, che, per lo più, hanno un’espressione digrignante, quasi di sfida o di ostentazione di sicurezza di fronte ad eventuali potenze malefiche o rispetto al possibile fato infausto.
Alcuni simboli, invece, indicano un significato complementare a quello prevalente, poiché testimoniano anche l’estensione della proprietà o la diffusione dell’ insediamento sociale. Tale è il carattere delle mattonelle maiolicate che riportano i simboli di Ordini religiosi o di Confraternite.
Queste figure, complessivamente considerate, sono disposte in vario modo, o sulla porta delle abitazioni, o sui loro tetti, oppure, in molti casi, agli angoli delle strade, o, ancora, presso le porte della città. La loro diversa collocazione denota la rispettiva area di influenza, che può interessare la singola casa, lo specifico isolato o la determinata zona, oppure l’intero abitato.
Inoltre, non sempre l’attuale posizione corrisponde a quella originaria, ne è prova la maschera di Via Pisanelli, ora diventata mensola di un balconcino.
L’arco temporale coperto da tutto questo repertorio è assai prolungato e va dall’antichità romana sino ai primi decenni del Novecento, con una più forte accentuazione nel periodo barocco. Una continuità storica impressionante, notevole perché testimonia il perdurare di una consuetudine, ma significativa anche per i passaggi culturali che documenta.
Affianco agli esemplari lucerini, vengono considerate anche alcune maschere rilevate in altre località, spaziando in varie regioni d’Italia, dalla Puglia, alla Toscana, al Lazio. Una ulteriore ricerca, comunque, potrebbe sicuramente allargare tali riscontri. Alcuni simboli, poi, come quello della sirena, sono così universali che si possono osservare anche fuori dell’Italia.
La diffusione di questo fenomeno sociale ci indica immediatamente la sua importanza. Esso rimanda ad un bisogno proprio dell’uomo in quanto tale, quello di rassicurarsi sulla propria sorte e sul proprio futuro. Vi è in questo caso una componente che sicuramente fa riferimento al senso di debolezza dell’ uomo e alle sue paure ataviche. Tuttavia, i simboli accompagnano la storia dell’uomo e, di conseguenza, ne subiscono la medesima metamorfosi. Perciò, alcuni di questi, pur perdurando nel tempo, via via perdono il loro significato originario per assumerne altri, analoghi o meno, oppure smarriscono qualsiasi significato. Tale è il caso della sirena alata, la quale, pur conservando a lungo un carattere metaforico, probabilmente lo stempera man mano, lo depotenzia, fino a renderlo completamente innocuo, trasformandolo in un puro elemento decorativo, come avviene negli esempi di Via Torino e di Via S. Domenico.
Per altre immagini, invece, occorre un’analisi più particolareggiata.
Ad esempio, il cosiddetto “Mam-mucc de Lucer” rappresenta una testa d’angelo, prossima ad una figura, immaginaria, che in determinate circostanze appariva su uno dei muri perimetrali dell’ex Convento dei Carmelitani. Il rilievo, per la contiguità spaziale, ne ha assunto il nome ed il valore.
In questo caso, possiamo osservare una curiosa commistione tra simboli religiosi e simboli laici. Religiosa è la figura della testina, probabilmente un angelo, così come religiosa è la stella della Madonna del Carmine. Ma, accanto a questi simboli, ne appaiono altri, profani. Tale è il disegno di un compasso, ossia di un attrezzo usato dalle maestranze edili e dagli artigiani del settore. In realtà, questa associazione non è casuale. Infatti, da sempre le confraternite che annoverano i muratori tra i propri aderenti risultano aggregate alle chiese della Madonna del Carmine. Inoltre, questa effigie si trova nei pressi di Borgo S. Matteo, ossia di un quartiere intitolato al Santo protettore dei lavoratori edili.
Più in generale, va osservato come la penetrazione della dottrina cristiana nella coscienza popolare si è sempre più rafforzata, sino al punto che immagini sacre cristiane sono state utilizzate anche per indicare il numero civico delle abitazioni. Questo elemento lo si ritrova nei simboli ritrovabili in Via Schiavoni, in Vico III alle Mura, in Via Sorso. Quest’ultimo episodio è particolarmente importante, dato che si tratta di una raffigurazione della Madonna di Costantinopoli, datata 1772, la più antica ancora esistente, a testimonianza di quanto remota sia questa consuetudine. Una tale espressione dei numeri civici risulta, però, abbastanza tenace, visto che la ritroviamo fino al 1888.
Un discorso a parte andrebbe fatto per le maschere, così numerose a Lucera.
La maschera, in sé, ha un valore antropologico e psicologico profondo. Psicologicamente, allude ai tanti aspetti e alle tante ambivalenze della personalità dell’individuo. Del resto, anche nel teatro la maschera è insostituibile. In questo contesto, nell’àmbito di un filone antico, popolare, la maschera viene utilizzata a scopi di sberleffo nei confronti dei re e dei potenti, ma anche dei demoni e degli spiriti maligni. Lo stesso carnevale affonda le proprie radici nella tradizione della grande festa o del rito sacro, durante il quale prima si uccidevano i re (attuando una specie di rotazione del potere) o le vittime sacrificali. In seguito, tale uccisione ha subìto un processo di simbolizzazione, diventando irrisione e trasgressione legittimata e codificata (una valvola di sfogo temporanea). La maschera, comunque, in genere, serve a trascendersi, così da assumere una diversa personalità o permettere il contatto con entità superiori.
Si è già detto dei paralleli tra Lucera e diverse altre città italiane. Non si tratta, dunque, di un fenomeno locale, bensì generalizzato. Occorre, però, precisare che le testimonianze presenti altrove sono molto limitate, laddove esistano ancora. A Lucera, invece, è possibile tuttora reperire un patrimonio di simboli assai numeroso, sebbene depauperatosi nel tempo. Perciò, si può parlare del patrimonio simbolico di Lucera come di un unicuum a livello nazionale.
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