Le teorie frazeriane applicate ai riti culinari del ciclo dell’anno in un’opera della foggiana Virginia Abbatescianni
Partendo da Sir James Frazer, il grande antropologo e storico scozzese, l’autrice si è fatta promotrice di una ricerca a carattere scientifico sui rituali connessi alla cucina legata al ciclo delle festività religiose che si susseguono durante l’anno, segnando una tappa fondamentale nel contesto delle opere connesse alle tradizioni popolari, nel senso che con il suo lavoro Virginia Abbatescianni colma un’evidente lacuna, dal momento che supera determinate descrizioni sul folklore, solitamente riportate “sic et simpliciter” senza l’ausilio di metodiche tecniche, che non sempre raggiungono quei livelli di alta scientificità che sono propri della ricerca, sia dal punto di vista teorico che pratico.
Punto di riferimento, come dicevamo, l’antropologo Frazer, il quale avendo utilizzato alcune specifiche tecniche di ricerca, ha studiato riti, rituali, cerimonie, norme, valori, credenze e comportamenti in un determinato contesto socio-religioso, ricavando elementi interessanti che dimostrano come “ogni tradizione che vive nei volghi dei popoli civili, viene ricondotta a un rito, il rito ad una credenza, la credenza a un sistema di idee”, una teoria di base, questa, che ha lo scopo di collegare i vari riti esaminati per poi ricondurli ad antichi miti appartenenti a culti agresti.
Avvalendosi dell’esperienza dell’antropologo scozzese, pietra miliare della scuola etnografica inglese, Virginia Abbatescianni utilizza metodiche strettamente tecniche consistenti in vere e proprie interviste effettuate sul campo ad informatori dialettofoni con l’accortezza di mettere a proprio agio le varie fonti, al fine di ricavare fedelmente e in maniera genuina le diverse testimonianze. Nella conversazione guidata utilizzata dalla studiosa, vale a dire l’”intervista clinica” o l’”intervista strutturata”, si ricava una serie di informazioni nelle quali emerge la spontaneità dell’intervistato, elemento questo determinante
nella specifica ricerca, ove si riscontrano, in un contesto di alta perizia, la modalità di inchiesta, la scelta delle fonti, le tecniche di approccio e gli atteggiamenti dell’intervistatore.
Godibile è il capitolo riguardante il materiale linguistico, ove vengono riportate in forma dialettale foggiana le varie interviste fatte sul campo, utilizzando per la trascrizione fonetica l’alfabeto della Scuola glottologica di Pisa. Nel sottolineare che preparare, cucinare, consumare un pasto fa parte della cultura dell’uomo, Virginia attraverso un preciso filo conduttore ripercorre le tappe più significative delle antiche tradizioni legate alle stagioni e alla geografia del nostro territorio in quel contesto religioso che ne determina i diversi significati. Rimarcando che il cibo festivo assurge alla funzione di mediazione sociale per porsi come mezzo di comunicazione codificato, l’autrice ripercorre le festività più significative nostrane partendo dalle ricette pasquali e dalla festa di Sant’Anna con la simbologia delle pettole fritte e delle “ciammaruchelle”, passando per il pranzo di ferragosto, il “grano dei morti” riferito alla commemorazione dei defunti, le fave di santa Lucia e giungendo alla grande varietà di pietanze e dolci delle festività natalizie; un quadro esauriente, quindi, di ricette-simbolo, il cui significato affonda le radici nella notte dei tempi.
Insomma, Virginia interpreta magistralmente le teorie frazeriane che hanno costituito la spinta iniziale per indagare nel mondo precristiano, allo scopo di rinvenire possibili elementi comuni che ancora sopravvivono nella cultura attuale; un tentativo, questo, pienamente riuscito anche senza l’ausilio di spinte radicali di tipo evoluzionistico.
Non si tratta quindi del classico lavoro ordinario sulle tradizioni popolari, bensì di uno studio approfondito con requisiti scientifici, tali da abbracciare gli elementicardine della ricerca: sociologia, antropologia, etnografia, psicologia sociale che inquadrano l’opera tra le più valide nel nostro contesto storico-culturale-folcloristico. Non ci resta che complimentarci con l’autrice che è nostra conterranea!
Abbatescianni Virginia
Sir James George Frazer, una pietra miliare della scuola etnografica inglese, applicazione delle teorie frazeriane ai riti culinari del ciclo dell’anno – Foggia, Utopia, 1999
Virginia Abbatescianni, foggiana, laureata in Lingue e Letterature straniere, vive a Macerata, ove opera nel mondo della scuola. Fa parte del CELI, l’Istituto che fa capo all’Università di Perugia, che certifica la conoscenza dell’Italiano da parte degli stranieri ed è inserita in un gruppo di studio che ha il compito di redigere un sillabo, vale a dire una grammatica italiana per il livello B1.
* Massimo Mazza, è nato a Foggia. Bibliotecario, sociologo, giornalista, è responsabile dei Fondi Speciali della Biblioteca “La Magna Capitana” di Foggia. Fatti e appuntamenti della cultura e del territorio di Capitanata