AttualitàAnno 2 N°5

Io, Potito e «Il Fellini»

Mauro Palma, 54 anni, una laurea in Filosofia all’Università degli studi di Bari. Mai utilizzata. Perché sin da piccolo il suo posto nel mondo era al cinema. Ma non seduto in poltrona. Più su, in quella minuscola stanza da dove una luce azzurrognola, ogni sera, quasi misteriosamente ci aiuta a sognare. Pochi metriquadri: la sala macchine per la proiezione dei film.
È lui che ha portato a Foggia – all’inizio degli anni ‘80 – un’idea diversa di consumo culturale, a metà strada fra il cineforum degli anni ’70 e i cinema delle grandi città votati a programmazioni alternative. È lui che ha fatto di una storica saletta parrocchiale, incastonata nelle stradine del centro storico del capoluogo, a due passi dalla Cattedrale, un locale cult, invidiatoci in tutta la regione e anche fuori. Da “Sala Monsignor Farina” a “Falso Movimento”, da Maciste a Wim Wenders.

– Vorrei cominciare dagli inizi, se possibile: quando hai avuto la percezione che il cinema avrebbe riempito la tua vita?
– Quando mio padre mi relegò nella cabina all’età di 8 anni. Lì ebbi la percezione che non ne sarei mai uscito. Una prigione a vita.

– E cosa hai provato il 31 luglio scorso quando hai chiuso per l’ultima volta il portone di via Campanile, cioè la sede del tuo “Falso Movimento” o, se vogliamo dirla tutta, della “Sala Farina”. Hai cioè pensato che, tutto sommato, è stato meglio così oppure hai mandato qualche parola poco garbata a chi ti ha fatto chiudere?
– Certamente la seconda… Che la mia vita dovesse cambiare, che da lì prima o poi saremmo andati via lo sapevo. Ma non in questo modo.

– Spiegati meglio.
– Essere buttato fuori, con una motivazione inesistente o sentirsi dire che la nostra linea culturale non era coincidente con la loro a me non è andato giù. Sarebbe stato meglio sentirsi dire “Caro Mauro, ci stai sulle scatole, vattene”, così si evitavano tante polemiche, litigi. Come non mi piaceva questo clima di ostilità, che percepivamo già da tempo. È chiaro che è stato doloroso andarsene, se pensi che è dagli anni ’50, inizialmente con mio padre, che eravamo lì. Il “Falso Movimento” poi è stata una mia creatura. Insomma, il problema è stato “come” ci hanno buttato fuori.

– C’è qualcosa che ancora non è stato detto in tutta questa storia?
– Don Antonio Sacco (il sacerdote che, come parroco della Cattedrale  ha la gestione della struttura cinematografica – ndr) era un mio carissimo amico di scuola ma credo che abbia seri problemi nel rapportarsi con l’esterno. Forse gli dava fastidio il fatto che noi avessimo questa capacità di aggregare mentre lui non l’ha nè con la Cattedrale e nemmeno saprà farlo con un cinema. A saper aggregare è la persona, non la struttura…

– Ora stai per cominciare questa nuova avventura, che partirà tra febbraio e marzo. Cosa ti resta e cosa ti servirà, dei tuoi 30 anni al “Falso Movimento” e, in maniera minore, ma altrettanto pregnante del breve periodo che hai trascorso come direttore artistico de “La Città del Cinema”, nell’ intraprendere questa nuova esperienza del “Fellini”?
– Devo ringraziare Dio se ho fatto questa esperienza breve ma intensa a “La Città del Cinema”. Ha completato la mia formazione da gestore, riesco a capire dove stanno gli errori, dove non bisogna sbagliare col d’essai, col commerciale. Una ideale linea di programmazione ce l’ho già, da sperimentare in uno spazio che mi dà più possibilità di movimento, sperando che questo spazio non me lo tolgano altrimenti poi devo cominciare a sgomitare come è successo anche a “La Città del Cinema”. Purtroppo io sono un classico “solista”, devo agire da battitore libero. Le mie idee le porto fino in fondo ma se poi sbaglio, pago di persona. E fino ad ora difficilmente ho sbagliato: ho avuto ragione col “Falso Movimento”, lo stesso con la Multisala, con le innovazioni introdotte, il 3D, che hanno prodotto una spinta notevole. Se mi lasciano lavorare credo che non ci sarà una spinta notevole ma penso che schizzeremo su come un razzo! Saremo al top in una città che ha bisogno di una struttura che non sia un Multisala ma qualcosa di diverso.

– Entriamo allora nei dettagli. Abbiamo capito che non sarà una versione del “Falso Movimento” in grande e non sarà una Multisala più ridotta: cosa sarà allora il “Fellini”?
– Sarà un luogo di aggregazione dove si “consumerà” l’immagine. Saranno tre sale, la prima di 400 posti – che darà spazio anche al teatro – sarà destinata alla programmazione commerciale, diciamo al grande pubblico ma con una postilla: ben vengano i film alla Harry Potter, ma nessuno spazio ai cosiddetti “cinepanettoni”. Presteremo attenzione ad una cinematografia molto radicata e attenta al territorio. Le due sale di sopra saranno dedicate ai film d’Essai, un retaggio di quel che era il “Falso Movimento” con le sue rassegne. Ma quelle sale ci serviranno anche da scambio, nel senso che se un film, tipo Harry Potter, è a fine programmazione, lo passeremo su mentre nell’altra potremo dare spazio a pellicole come Giù al Sud e giù, nella grande ‘Sala Fellini’ potremo dare spazio a pellicole come quello nuovo dei fratelli Cohen oppure a grandi titoli previsti per luglio, come Lanterna verde oppure Thor, che io preferisco dal momento che Kenneth Bragan lo prediligo come autore ed anche perché riporta in auge questa mitica saga di Odino Dio del tuono, genere di film che appartiene al mio vissuto adolescenziale.

– Nell’era dei Multisala, dei film scaricabili gratuitamente da internet e anche considerando una certa crisi economica non ignorabile, non credi sia un azzardo questa scommessa del “Fellini”?
– No, anzi, credo che invece funzionerà benissimo. Sì, certo, si scaricano film gratis, ma vuoi mettere vedere un film come Thor al cinema? Si possono anche scaricare, poi uno può decidere però di andarselo vedere per bene al cinema. Anch’io faccio così: me li vedo in streaming, scelgo quelli più importanti e poi me li vado a vedere al cinema e lascio perdere quelli che non vanno. La crisi? Beh, al momento il cinema è lo svago che costa meno: 3 o 4 euro. Una famiglia che non va nel fine settimana, riesce a risparmiare parecchio.

– La politica che il “Fellini” adotterà sarà dunque all’ insegna dei prezzi popolari?
– Certamente. Non si può pensare di avere dei prezzi altissimi perché «noi siamo il Fellini». Non ci rivolgeremo alla massa, anzi saremo un po’ un cinema anomalo. Anche se già mi danno del “pazzo”, non venderò il pop-corn, che normalmente conta per il 90% negli incassi al cinema! Forse quando ci sarà un film commerciale lo puoi vendere, ma quando si tratta di cinema d’essai lì non si entra con nulla, nemmeno col rosario!

– Chi ha incontrato chi? Mauro Palma Salatto o viceversa? E non dire che c’è stata una via di mezzo perché non ci credo…
– Sono partito prima io, poi si è mosso lui. Ma entrambi sapevamo dell’interesse dell’uno e dell’altro. Poi ci siamo chiesti cosa volevamo fare di questa struttura. Salatto voleva aprire inizialmente una monosala ma gli ho fatto cambiare subito idea perché era perdente. Non puoi pensare ad un Ariston come ad un “Falso Movimento” in grande. Poi si era pensato ad una Multisala, con 6 sale. Ragionandoci meglio, osservando bene l’Ariston, sai… mi è venuto come un flashback e ho pensato: ma guarda quanto è bello questo palco, non si può stravolgere tutto, ed ho proposto di pensare al risparmio, perché alla fine c’era il rischio di spendere quanto un Multisala da 13 sale! Così abbiamo detto: lasciamo sotto così com’è, la sala per il cinema, sarà utile anche per fare teatro, concerti, conferenze, affittarlo. Proviamo invece a farne 3 sale. Non sarà un Multisala ma un Cityplex. Così ho convinto Potito a partire.

– Un po’ di conti ve li siete fatti, in che termini pensate di partire?
– Se solo volessimo prenderci il 30% del pubblico della Multisala, che annualmente stacca circa 650.000 biglietti, noi saremo già rientrati con le spese. Si tenga presente che non avremo quel tipo dipersonale anche se ci sarà un longe bar, un punto di ristoro…

– E la libreria di cui si parlava? Tornerà Edicolè?
– Ci stiamo pensando ma calcola che abbiamo problemi di spazio, per via del porticato. Ho anche pensato ad una seconda sede alla mia “Città del Sole” (il negozio di giocattoli e giochi educativi gestito da Palma – ndr), insomma stiamo valutando. Comunque, su, il bar sarà anche un caffè letterario dove i libri non mancheranno. Potito pensa per es. a libri di viaggio visto che siamo vicini alla Stazione Ferroviaria.

– Sì, ma per l’investimento, che cifre avete previsto?
– Siamo arrivati a un milione di euro di spesa, ed abbiamo salvato tutto quanto era possibile dal “Falso Movimento”.

– Sulla stampa locale si erano letti numeri diversi, molto più alti, intorno ai 4 o 5 milioni di euro di investimento…
– E che diamine! Ma se la Multisala è costata 1.300.000 euro!

– La proprietà resta sempre del Dopolavoro Ferroviario però.
– Purtroppo sì, e mi spiace molto perché alla fine spenderemo un sacco di soldi senza esserne padroni.

– Farei un piccolo passo indietro sulla chiusura del Falso Movimento, in relazione all’eco e alla tempestività e, direi pure, alla “qualità” degli interventi che si attivarono per scongiurare la chiusura del locale da parte della Curia. Ricordo, a beneficio dei lettori, che ci fu, nell’ arco di alcuni mesi, un ampio fronte di “oppositori” (singoli cittadini, associazioni, buona parte della società civile). Anche la politica fece la sua parte e la Giunta Mongelli, da poco instauratasi, prese la parola. Ma che tipo di intervento ricordi in proposito Mauro? E la Chiesa locale, con quel suo atto unilaterale, si è dimostrata più incauta o più gretta?
– Tutte e due le cose. È gretta e incapace ed è anche una Chiesa attenta ai movimenti politici. Quando abbiamo portato in piazza il nostro problema, la prima cosa che hanno detto i consiglieri comunali, tutti, è stata: “Madonna, e adesso ci dobbiamo mettere contro la Curia?”. Io non ero anticattolico: lo sono diventato! Perché ho visto lo schifo in tutti questi anni in cui sono stato lì, quello che c’è lì dentro. Non voglio dire che la Chiesa è tutta così, ma al 95% è tutta così. Ci sono interessi politici, economici… La Curia è piena di soldi e allora mi viene da chiedere: perchè la Cattedrale è ancora in quelle condizioni, con tanti finanziamenti buttati là? Hanno questa grande trave negli occhi e rompono le scatole a uno piccolo come me. Ma per farci cosa? Dicono: “Eh, ma noi dobbiamo lavorare sul sociale, sui bambini che sono qui”. Ma cosa dicono, se bambini qui non se ne vedono! Ma quale lavoro per il sociale! In tutte le città d’Italia le basiliche cattedrali sono il centro della religione, dove non opera l’Azione Cattolica che invece opera in zone limitrofe. Io penso che qualcuno ha ragionato in questi termini: “Ma vedi Mauro Palma, quanta gente va al suo cinema, quanti ragazzi, e quanto paga poco di fitto!”. Attenzione: mentre l’Ariston pagava 2.500 euro di affitto, io ne pagavo 800, con la differenza però che l’Ariston era una sala da 800 posti e la mia da 140! La ristrutturazione fatta alla Sala Farina me la sono fatta da solo, spendendo 800.000 euro in 10 anni e che solo in parte ho recuperato. E poi avevamo dei prezzi strapopolari, pagavo delle persone… e meno male che ho lavorato due anni alla Multisala per sbarcare il lunario, perché se restavo al F.M. dovevo stare bene attento a far combaciare entrate ed uscite. Alla fine quello che si guadagnava era davvero la cosiddetta “stozza”, e molto risicata, di chi si contenta gode, quei 1.000 euro che ci facevano stare tranquilli, perché il lavoro ci piaceva e pur senza avere finanziamenti riuscivamo a lavorare, a rifinanziare iniziative. Ora voglio vedere quanto guadagneranno con quella sala, cosa sapranno fare, ora che il buon Vendola li ha presi nella Puglia Film Commission, a far data dal 30 luglio. Ci sono entrati però come “Sala Farina” ma portandosi appresso tutto il retaggio del “Falso Movimento”. Bugia! E non sono nemmeno a norma rispetto alla normativa sulle strutture, cedola che fin quando c’ero io staccavo con i Vigili del Fuoco mentre loro no e se non lo fanno non sono in regola.

– Tornando ancora più indietro, anzi, agli albori. Quando apristi il “Falso Movimento” (primavera 1982, secondo me, molto prima secondo Mauro Palma), ricordi quale fu la prima pellicola che proiettasti?
– Ricordo che partimmo piano piano. La prima rassegna che proponemmo era dedicata a Martin Scorsese e il primo film fu Main street, con Robert De Niro. La nascita vera e propria è stata quando abbiamo cominciato a proiettare quella sfilza di autori tedeschi: Wenders, Fassbinder, Herzog… Erano tempi davvero diversi. Ricordo che mio padre era timoroso per quello che facevo. Poi le cose non andavano proprio bene. Allora mi chiedeva che incasso avevo fatto la sera e quando era magro mio padre ci rimetteva di tasca sua. Quando andavo a Bari ero in gamba a prendere film che, pur di toglierseli di torno in quel momento, me li facevano pagare di meno. Così facendo, lentamente, mi creavo il mio pubblico. I baresi alla lunga se ne accorsero, che cioè il mio cinema cresceva, e si chiedevano come riuscissi a fare tutto ciò. C’è da dire, però, che ogni trovata era buona per risparmiare sui costi di gestione. Ricordo per esempio che per il trasporto delle “pizze” (le bobine contenenti le pellicole – ndr), che pesavano anche 50 chili ognuna!, usavamo il prezzo ridotto del treno in quanto eravamo tutti studenti universitari… Altri tempi!

– Ma non ti chiedevo di ricordare il primo film a caso. Te lo chiedevo per sapere quale film proporrai per primo quando aprirà il “Fellini”.
– Ho chiuso il F.M. col film Fino all’ultimo respiro, titolo sintomatico della vicenda… Da parte mia non avrei dubbi sulla scelta del film d’esordio: io aprirei con Nel corso del tempo, di Wim Wenders, un bellissimo film in bianco e nero che ci ha fatto sognare e che parla di cinema e di viaggio, nella Germania. Ma è tutto da vedere. Poi il fatto che il locale è intestato a Fellini vedremo chi sarà il padrino o la madrina. Può darsi che faremo un omaggio alla su a cinematografia. Io mi immagino però una serata inaugurale di sana anarchia, all’insegna della musica, del teatro, del puro divertimento e naturalmente del buon cinema.

– E una battuta per finire: secondo te, visto che li conosci bene, chi è più “cinefilo” e chi più “commerciante” tra Sarni (proprietario de “La Città del Cinema”) e Salatto (coproprietario con Palma del “Fellini”)?
– Sicuramente Sarni è più “commerciante” e Salatto più “cinefilo”. Potito però non ama molto il cinema italiano. Anch’io non trovo niente di interessante attualmente e penso che dovrò andare a prendere nel passato qualcosa che mi è sfuggito per proporlo in fase di apertura. Mi piacciono molto i film che raccontano il Sud, ma anche questi stanno diventando una moda. Il cinema italiano purtroppo ha poco da raccontare oggi.

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Abbonarsi a una rivista come “Diomede” non significa solo assicurarsi le copie cartacee e digitali previste in un anno. Significa condividere una sfida, incoraggiare in maniera concreta un progetto editoriale a diventare adulto. Chi si abbona, ci consente di pubblicare “la rivista più bella mai esistita a Foggia”, come l’hanno a suo tempo definita.
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