Mons. Bonaventura Gargiulo rappresenta un personaggio sicuramente interessante, che negli ultimi anni sta ottenendo alcuni doverosi segnali di attenzione nell’ambito campano, mentre in Puglia continua ad essere ancora un nome quasi del tutto conosciuto. Eppure la sua tempra battagliera e il suo amore per la scrittura lo renderebbero, oggi, un nome di spicco nel panorama dell’intellettualità cattolica. Di certo, non era uno di quei personaggi che si tiravano indietro, per difendere le idee in cui credeva, e i tempi in cui ha vissuto non erano facili.
Nacque nel 1843 a Sant’Agnello di Sorrento, in provincia di Napoli, in una zona di grande richiamo turistico. La sua famiglia è di umili condizioni, ma la sua vocazione è salda. Entra nell’ordine cappuccino in un periodo segnato dal passaggio tra il regno borbonico e quello italiano e dall’applicazione delle leggi piemontesi, che si abbatterono con forza sugli ordini religiosi. Gargiulo si rifugiò per qualche tempo nei territori appartenenti allo Stato della Chiesa, poi, dal 1868 al 1870, fu in Gran Bretagna. Infine, ritornò nella sua amata Campania.
Nel 1895 avviene la svolta che lo porta in terra di Puglia. Nominato vescovo, mons. Gargiulo viene inviato a San Severo, che allora era una zona incandescente per gli scontri politici tra “rossi” e “bianchi”, con i socialisti di Leone Mucci sempre più agguerriti.
Qui il neo-vescovo si preoccupa di favorire la penetrazione delle idee cattoliche, servendosi anche dello strumento che da molti anni gli era congeniale, ossia il giornale. Di qui, nel 1896, l’inizio delle pubblicazioni del settimanale “L’Ape Cattolica Sanseverese”. Il vescovo si sentì sempre un giornalista, e per questo motivo portava con sé una croce con dentro una reliquia di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti e degli operatori della comunicazione.
Il settimanale sanseverese è in tutto e per tutto una creatura di mons. Gargiulo, tanto da cessare le pubblicazioni nel 1904, con la sua scomparsa. Egli vi dedicava una buona parte del suo tempo, aiutato in quest’opera da alcuni sacerdoti e da qualche collaboratore laico. L’“Ape” riprendeva anche delle notizie da altre testate cattoliche, con le quali praticava un fitto scambio di informazioni, e possedeva numerose rubriche, alcune molto interessanti, distaccandosi di molto dalla volgarità e dalla faziosità di quasi tutte le testate pubblicate in quel periodo a San Severo, al soldo di politici e politicanti di diverso colore.
Il primo numero appare l’8 gennaio 1896. In prima pagina c’è un’invocazione alla Madonna (“Salva, o Maria!… Soccorri, o Madre!”). Il settimanale si pone sotto la protezione della Vergine, Ape mistica che ha donato agli uomini Gesù; con il suo aiuto sarà facile combattere la giusta battaglia. In secondo pagina, mons. Gargiulo entra più nel vivo, spiegando la vignetta della testata giornalistica, da lui ideata e progettata, nella quale la Vergine del Soccorso offre il settimanale “al nostro protettore S. Severo Vescovo, perché lo diffonda tra suoi protetti come benedizione di cielo”. Non manca, poi, un riferimento al grano e al vino, “che sono i principali prodotti di S. Severo, per significare che il periodico è Sanseverese puro sangue, e non avrà anzitutto che interessi patrii, secondo la sua natura”.
L’“Ape” è un periodico che si professa né politico “nétampoco religioso”. La politica, si legge, divide gli animi, provoca discordie con il fumo delle ideologie. Quanto alla seconda affermazione, più strana, significa che non è un settimanale scritto “per devotelle, ned ha per argomento massime e giaculatorie. Esso è un periodico cattolico perché siamo nati cattolici e viviamo in grembo alla Chiesa Cattolica”. La sua missione, in ultima analisi, è quella di istruire ed educare, di far conoscere la voce della Chiesa e della fede, per svolgere una funzione positiva nell’ambito della collettività. Ovviamente, non è esclusa l’intenzione di dilettare, attraverso brani letterari di vario genere, che in effetti si ritrovano spesso. L’articolo in questione si intitola, in maniera esplicita, “Facciamo ad intenderci” e termina con un perentorio “Ci siamo intesi?”. Come a dire, patti chiari, amicizia lunga. Vescovo di prima nomina, come già ricordato, mons.
Gargiulo non fece in tempo ad avere un’altra sede.
Nel 1903 i suoi problemi agli occhi si aggravano, tanto da diventare cieco; la morte arriva il 9 maggio 1904, a 61 anni.
L’“Ape” non gli sopravvive e i suoi successori non rivelarono la stessa passione per il giornalismo, che lo portò persino a scontrarsi con i socialisti e il loro organo d’informazione, “La bandiera socialista”. Il periodico, però, resta ancor oggi come un’apprezzabile e solitaria testimonianza di impegno nell’ambito cattolico, confermando lo spessore dell’uomo e del credente, al quale nel 2004 è stata dedicata una bella biografia, a firma di Ulderico Parente, “Bonaventura Gargiulo. Cappuccino, giornalista e vescovo di S. Severo (1843-1904)”. Mons. Gargiulo fu uno studioso, per ovvi motivi, del suo conterraneo Torquato Tasso, ma la Puglia si ritrova anche in alcuni dei libri da lui firmati, che purtroppo non sempre sono di facile reperimento.
Pensiamo, tra l’altro, ad “Apulia sacra”, del 1900, e a “Da Sansevero a Roma e viceversa”, del 1899, pubblicato a Napoli.
Il vescovo nel 1897 si reca a Roma, invitato, con altri prelati, dall’allora papa Leone XIII. Mons. Gargiulo decide di partire qualche giorno prima, per fermarsi nell’amata città di Napoli, dove intende riposarsi per qualche giorno, presso i Cappuccini di Piedigrotta.
Il libro è pensato per i suoi diocesani, come si legge nella pagina di “Presentazione”: “Partii, ma con Sansevero nel cuore, Diocesi e città, cui voglio tanto bene; e che vorrei vedere a sublime altezza. Partii coll’intenzione di scrivere su quello avrei incontrato per via, e su quello mi sarebbe accaduto, tanto per non perdere particella alcuna di bene”. Il viaggio in treno, da San Severo a Foggia, per poi giungere a Napoli e infine a Roma, non manca di episodi e contrattempi, che mons.
Gargiulo racconta con attenzione e una nota di divertimento. Al ritorno lo attendono le incombenze di una diocesi incandescente, ma lui non se ne preoccupa più di tanto e chiude il libro con un pensiero per i bambini ospitati nel seminario, che attendono i suoi confetti.
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