“Mi piace giocare con forme ambivalenti, composte-scomposte-ricomposte-sezionate-sovrapposte-defigurate- pensieri, emozioni, velature, trasparenze in cui ognuno percepisce la propria immagine”. Così Mario Raviele sintetizza la sua pittura. Ed in effetti il tema dell’ambiguità è elemento centrale e ricorrente della sua ricerca. Convinto che il nostro presente sia fortemente condizionato dalla piacevolezza di immagini che presentano una realtà falsa e ingannatrice, Raviele svela la doppiezza delle belle forme. Ecco quindi la loro scomposizione e de-figurazione. La tela diventa così teatro di una lotta drammatica tra opposti principi, tra il bene e il male, tra la realtà che opprime e l’utopia che libera, maesprime anche tensioni più intime, esistenziali. Nell’arco di circa quarant’anni, infatti, la denuncia sociale che caratterizzava anche ideologicamente la pittura di Raviele, si è fatta meno esplicita. L’analisi è diventata più sottile, perché i diritti vengono messi in crisi con attacchi più subdoli, imbellettati e mascherati di promesse illusorie. Il suo segno e il suo colore
sono diventati meno frammentati e violenti, gli elementi della composizione, costruita con fasce cromatiche orizzontali e verticali che si incrociano, risultano ormai più armonici e delicati, ma sono altrettanto indicativi della difficile condizione dell’uomo contemporaneo nel rapporto con gli altri e con se stesso. Se prima era la torsione delle figure, il loro stiramento, a dare drammaticità all’opera e a gridare il disagio sociale, oggi è il gioco delle trasparenze, delle illusioni spaziali, del vedere e non vedere nudi, paesaggi, caseggiati, che dà il senso dell’ambiguità complessiva da cui siamo avvolti. Il rischio che corre un’arte che voglia farsi anche “messaggio” è quello che il contenuto possa prevalere sul linguaggio. Ebbene con la sua pittura Mario Raviele ha dimostrato in tutti questi anni che un Artista può dare concretezza al proprio impegno civile e nello stesso tempo mantenere alto il livello di una figurazione attenta alle problematiche più avanzate dei valori formali.
Come praterie gli occhi si riempiono al mattino dei guizzi delle luci, trascorre lontano il vento nell’erba ondulante del risveglio, e ci alziamo, proviamo i primi passi nel caldo avamposto della cucina mentre il telegiornale ci sospinge
in traiettorie lontane e dietro l’angolo di casa mareggiate di disoccupati s’arenano sulle ultime spiagge e negli alti palazzi assorti personaggi si levano in albali dormiveglia. Il flusso del sangue tace o appena sussurra parole impercettibili
in raccolte liturgiche atmosfere in banche asettiche di vetro e metallo mentre in accurati doppiopetto si sciorina la costellazione degli inchini, i capi bevono il caffè e i cucchiaini appena tintinnano. Sussurri e grida si dispongono
nella giusta prospettiva, un altro giorno lietamente s’avvia.
Chi è Mario Raviele- Nato a Vitulano (Benevento) nel 1947, approda a Foggia nel 1964. Studia presso il locale Istituto d’arte e completa la sua formazione presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli (corso di Scenografia) proprio negli anni della contestazione studentesca. Durante la permanenza nel capoluogo campano ha modo di esporre, in numerose collettive e rassegne d’arte, lavori, progetti e opere pittoriche, di collaborare col teatro sperimentale di Mario e Marialuisa Santella, al “Centro-Teatro-Esse” e nella scuola di danza classica “Valeria Lombardi” a Posillipo. Conosce ed ha come docenti Emilio Notte, Giovanni Brancaccio, Domenico Spinosa, Giuseppe Capogrossi, Umberto Mastroianni, Franco Mancini e Nicola Spinosa. Anni di contestazione studentesca, esplode il ‘68, occupazioni, manifestazioni, il loro insegnamento era sporadico, saltuario, discontinuo e
contestato. Docente di arte e immagine, disegno e storia dell’arte, pittore e grafico, ha sempre accompagnato l’attività didattica con una pratica pittorica in cui ha potuto dare concretezza al proprio impegno civile, sociale e politico.
Dopo alcuni anni di “silenzio” è tornato all’attività espositiva con una rassegna antologica (2008) realizzata a Palazzo Dogana, a Foggia, a cura di Gaetano Cristino, seguita da una mostra personale a Manfredonia curata da Guido Pensato.
Della sua pittura si sono interessati numerosi critici, tra cui Licinio Boarini, Salvatore Ciccone, Gaetano Cristino, Salvatore Lovaglio, Luigi Paglia, Guido Pensato, Giuseppe Quenzatti, Mario Ricci. La sua quarantennale attività è documentata in una monografia realizzata nel 2008 dall’editore Claudio Grenzi